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“CASA SICAR”: UN AIUTO CONCRETO PER I SACERDOTI IN DIFFICOLTÀ

Lucio Martino - II anno



Il 23 aprile 2021 la nostra comunità del seminario ha visitato il centro “Sicar” presso Grassano nella diocesi di Tricarico.

L’incontro, inserito nel programma di preparazione alla festa del Buon Pastore, è stato promosso da don Giuseppe Molfese, direttore della Caritas diocesana di Tricarico, e dall’equipe del Seminario Maggiore Interdiocesano di Basilicata, dove per volontà del rettore don Angelo Gioia e di tutti i membri della comunità si è voluto con un gesto di solidarietà devolvere alla struttura una piccola offerta, frutto del nostro digiuno quaresimale.

La “casa Sicar” nasce nel 2014 come centro non residenziale d’ascolto per persone in difficoltà a causa delle dipendenze da alcool, droghe e gioco d’azzardo.

Nel 2017 su esplicita richiesta di Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute, il centro è diventato una casa residenziale per sacerdoti e religiosi provenienti dalle diverse diocesi italiane con dipendenze patologiche e debolezze psicologiche. Attualmente nella “casa Sicar” sono presenti tre sacerdoti, che hanno condiviso con noi la celebrazione eucaristica.

Dopo il saluto introduttivo di don Giuseppe, che ci ha raccontato brevemente l’origine e la finalità di questo centro, è intervenuta la dottoressa Maria Grazia Tammone, la quale ha illustrato il concetto di benessere bio-psico-sociale.

Generalmente, ha affermato la dottoressa, si è sempre pensato alla salute solo come assenza di malattia, oggi invece si parla di benessere biopsicosociale, ovvero, di entrare in uno specifico campo di dimensione biologica, sociale e psicologica, dove si interviene sulla salute mentale attraverso operazioni guidate e stabilite da un piano ben determinato. Ciascuno di noi, ha continuato la dottoressa Tammone, è chiamato a stare bene non solo fisicamente, ma anche con se stesso e con gli altri. Il benessere psicologico, infatti, ha a che fare con l’accettazione di sé, la crescita, e la consapevolezza che la vita ha un senso.

Il centro di Grassano si propone di offrire un percorso olistico e globale, percorsi complementari incentrati non solo sulla terapia ma anche sulla vita comune e la spiritualità, con un cuore attento e sensibile alle difficoltà dei sacerdoti, e alle loro fragilità in quanto esseri umani.

Nell’esporre le problematiche riguardanti la vita sacerdotale la dottoressa evidenziava che le criticità sono legate soprattutto all’identità, alla spiritualità, e all’affettività, come bisogno di dare e ricevere amore. Una prima fase è di riflessione, per comprendere le reali motivazioni della caduta e se ci sia un vero orientamento al cambiamento. I sacerdoti sono seguiti da un’equipe multidisciplinare di psicoterapeuti, educatori e psichiatri.

Uno degli elementi più interessanti emersi dall’intervento della dottoressa, in quanto ci riguarda più da vicino, sono gli aspetti psicologici che possono essere implicati nella complessità della vocazione. Ad esempio, l’identità personale, la libertà psicologica, la consistenza, l’equilibrio e l’integrazione affettivo-sessuale. Le aree su cui discernere, quindi, sono quelle relazionali, intellettuali e spirituali. Gli errori comuni sono legati alla superficialità (incomprensione della propria responsabilità di discernimento), alla frettolosità (discernimento frettoloso o privo di approfondimenti concreti, con un eccesso di sintesi e sicurezza) e alla complicità (ad esempio, l’arroganza nei rapporti con i superiori). Al termine dell’intervento della dottoressa una sua collaboratrice ci ha illustrato l’esperienza del gruppo auto-muto-aiuto, dove si rispecchia la consapevolezza di sé e la socializzazione con l’altro che può diventare elemento fondante dell’aiuto e del sostegno reciproco.

Nel dialogo a margine degli interventi è emersa la consapevolezza che il fine a cui tende la nostra formazione è quella di costruire un discepolo di Cristo, che cresca nell’unione e nella configurazione a lui.

Non si tratta, infatti, di una semplice adesione comportamentale ad alcune norme, ma un’adesione di cuore. In questo cammino dobbiamo fare i conti anche con le nostre fragilità, che dobbiamo imparare ad accettare, come ha sottolineato anche il vescovo Monsignor Giovanni Intini nel suo intervento finale. La celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo, ha concluso una giornata ricca di riflessione, che ci ha stimolato ad intraprendere un cammino personale verso le fragilità dell’altro, attraverso relazioni autentiche, dove ognuno sa ascoltare, accogliere ed integrare l’esperienza di ogni persona.

In sintesi è bene ricordare quello che afferma Benedetto XVI “l’amore per il prossimo è una strada per incontrare anche Dio e il chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Dio”.
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