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Cos'è il Seminario Maggiore?

(Il dono della vocazione presbiterale, 43)

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La formazione sacerdotale è un cammino di trasformazione, che rinnova il cuore e la mente della persona, affinché essa possa «discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). La progressiva crescita interiore nel cammino formativo, infatti, deve tendere principalmente a fare del futuro presbitero un “uomo del discernimento”, capace di interpretare la realtà della vita umana alla luce dello Spirito, e così scegliere, decidere e agire secondo la volontà divina. 

Il primo ambito del discernimento è la vita personale e consiste nell’integrare la propria storia e la propria realtà nella vita spirituale, in modo che la vocazione al sacerdozio non rimanga imprigionata nell’astrattezza ideale, né corra il rischio di ridursi a una semplice attività pratico-organizzativa, esterna alla coscienza della persona.

Discernere evangelicamente la propria vita significa coltivare quotidianamente un profondo stile spirituale, così da accoglierla e interpretarla con piena responsabilità e crescente fiducia in Dio, orientando ogni giorno verso di Lui il cuore . Si tratta di un umile e costante lavoro su se stessi – che va oltre le indagini introspettive – nel quale il sacerdote si apre con onestà alla verità della vita e alle esigenze reali del ministero, imparando ad ascoltare la coscienza che giudica i movimenti e le spinte interiori che motivano le azioni. Così, il presbitero impara a governare se stesso, nelle forze spirituali e mentali, dell’anima e del corpo; apprende il senso di ciò che si può fare e di ciò che non conviene o non si dovrebbe fare; comincia ad amministrare le proprie energie, i programmi, gli impegni, con un’equilibrata disciplina di se stesso e una onesta conoscenza dei propri limiti e delle proprie possibilità.

Questo lavoro non può essere condotto in modo soddisfacente facendo leva solo sulle proprie forze umane; al contrario, esso consiste primariamente nell’accogliere il dono della grazia divina, che rende capaci di superare se stessi, di andare oltre i propri bisogni e i condizionamenti esterni, per vivere nella libertà dei figli di Dio.

È un “vedere dentro” e una visione spirituale d’insieme, che presiede il tutto della vita e del ministero, attraverso cui si impara ad agire con prudenza e a misurare le conseguenze delle proprie azioni, al di là di alcune circostanze, che rendono difficile un giudizio limpido sulle cose. 

Questo cammino di autenticità verso se stessi richiede un’attenta cura della propria interiorità, attraverso la preghiera personale, la direzione spirituale, il contatto quotidiano con la Parola di Dio, la “lettura credente” della vita sacerdotale insieme agli altri presbiteri e al Vescovo, e tutti gli strumenti utili a coltivare le virtù della prudenza e del giudizio. In questo permanente cammino di discernimento, il sacerdote saprà decifrare e comprendere le proprie mozioni, i doni, i bisogni e le fragilità, così da «liberarsi da tutte le affezioni disordinate e, dopo averle eliminate, a cercare e trovare la volontà di Dio nell'organizzazione della propria vita in ordine alla salvezza dell’anima».

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